Nel dicembre del 2014, il filosofo ateista Michel Onfray, idolo della sinistra progressista, è caduto in disgrazia per avere espresso giudizi negativi sulle teorie improntate alla negazione della differenza sessuale. In quel periodo in Francia sono stati distribuiti una serie di opuscoli nelle scuole, preparati dal ministero dell’Educazione, sul superamento degli stereotipi sessuali o presunti tali. Poi è stato il turno di Germania, Italia e altre nazioni europee. Con la scusa dell’educazione contro i pregiudizi, è partita da qualche anno un’attività di propaganda nelle scuole, dove la manipolazione è più semplice. All’epoca a Onfray, è bastato un semplice tweet, per attirare su di sé gli strali dei suoi sostenitori: “E se a scuola, al posto della teoria del genere e della programmazione informatica, si insegnasse a leggere scrivere, scrivere, far di conto, pensare?”

In quei giorni, la filosofa Bérénice Levet, pubblicava il libro “La theorie du genre, ou le monde reve des anges” (Grasset), anche lei aggredita dal battaglione dei benpensanti di una sinistra che ha smarrito il retaggio libertario per diventare l’avanguardia di un odioso puritanesimo. Successivamente, Onfray sulle pagine del Nouvel Observateur, riprendeva l’argomento, spiegando la lotta in corso “tra chi afferma che il corpo e la carne non esistono, che gli essere umani sono solo archivi culturali, che il modello originale dell’essere è l’angelo, il neutro, l’asessuato, la cera malleabile, l’argilla priva di sesso da plasmare sessualmente, e chi sa che l’incarnazione concreta è la verità dell’essere che viene al mondo. Il che non esclude la formattazione fallocratica, ma non le lascia l’onnipotenza”.

In Germania, da qualche anno è attiva Besorgte Eltern, (“genitori preoccupati”), un’associazione che raccoglie tutti quei cittadini che si oppongono all’insegnamento nelle scuole delle cosiddette “teorie del gender”. Il suo fondatore è Mathias Ebert di Colonia e con altri gruppi sparsi sul territorio tedesco ha organizzato una serie di sabotaggi: i genitori si rifiutano di far partecipare i bambini alle lezioni di educazione sessuale e pertanto, vengono denunciati all’autorità giudiziaria. Anziché pagare la sanzione, preferiscono farsi arrestare. In Francia sono attivi i gruppi della rete Le Manif pour tous, in Italia sono conosciuti sotto la sigla di Generazione Famiglia.

LA TESI INCRIMINATA

Negli anni settanta alcuni studi antropologici hanno introdotto la tesi secondo la quale le identità maschili e femminili si sono costruite nel corso della storia attraverso una serie di pratiche convenzionali. Questo è in parte vero, ma la versione più estrema, nega il dato sessuale affermando che l’identità è una scelta slegata dal dato biologico. Si nasce maschio o femmina, ma poi si può preferire di essere l’uno o l’altro, o semplicemente qualcos’altro, secondo lo stato d’animo del soggetto. Addirittura qualcuno si è spinto a parlare di cinquasei opzioni di genere! Cosa affermano quegli studi conosciuti con l’espressione “teorie del gender” sull’identità sessuale? C’è una tendenza crescente, anche nei documenti ufficiali a eliminare il riferimento al sesso maschile e femminile, in favore della cosiddetta identità di genere, riferita alla percezione di chi si sente svincolato rispetto a ciò che la natura gli ha dato. Ovviamente, se si nega il genere come dato biologico, le possibilità sono innumerevoli: si può essere agender, bi-gender, pan gender, gender fluid. In questa confusione, se ci pensate il risultato è comico.

Lo scopo dei propugnatori di queste teorie è rompere la dialettica di genere, per cui i sessi sono due, e così, superare la polarità uomo-donna, maschio-femmina, distinti e irriducibili. Anzi si sostiene che tale polarità sia qualcosa di arbitrario, determinato da pratiche sociali sviluppatesi nel corso dei secoli. Quindi se non ci sono un maschio e una femmina predeterminati, tutte le variabili si sviluppano intorno a tre elementi che caratterizzano il genere in senso lato: percezione di sé, espressione di genere (es. come mi vesto), orientamento sessuale. È un problema antico, quello del rapporto fondamentale fra natura e cultura. Siamo biologicamente determinati o culturalmente costruiti? Probabilmente si può ragionevolmente sostenere un po’ l’uno e un po’ l’altro, ma certo non siamo totalmente modellati.

Nel 1975 l’antropologa Gayle Rubin e altri esponenti del pensiero femminista estremo, hanno definito il genere come una costruzione culturale totale, strumento di oppressione dell’uomo sulla donna. Un’idea molto criticata all’interno dello stesso movimento perché contiene un odio malcelato verso il maschio. Partendo dall’assunto che il genere non sarebbe plasmato sul sesso, ma effetto di un modellamento esterno, si pretende di eliminare ogni discriminazione progettando una società senza generi. La parola chiave di questo discorso è “decostruzione”. Prima, si “costruisce” il genere artificiosamente secondo le proprie inclinazioni e poi si decostruiscono tutti quei processi socialmente riconosciuti come indicatori del genere. Prima l’individuo si “emancipa” dalla natura e poi si “rompe” con l’ordine sociale.

Il genere viene superato dal transgender, lemma che definisce tutti coloro che si posizionano al di fuori della dicotomia maschio-femmina. Si pongono al di là, come suggerisce il prefisso trans. Diverso dal transessuale che invece, opera un cambio di sesso attraverso un percorso che culmina nella pratica chirurgica e fa una scelta precisa. Il transgender si sottrae a ogni assegnazione identitaria, ma cade in contraddizione perché per definirsi, invoca qualcosa che per lui non esiste, ovverosia, il “genere”.

LA CONFUSIONE POLITICA

La disintegrazione del concetto di genere, viene associata a un pensiero della liberazione dalle convenzioni sociali, utile, secondo gli apologeti alla tutela delle “differenze”. Ma se tutto è indifferente, espressione solo di nuove interpretazioni culturali, c’è solo una realtà uniforme dove, nessuno è portatore di valori, ma solo di marchi culturali, dettate dalle mode e dal marketing. I propugnatori di queste teorie si sono alleati con alcuni ambienti dell’area politicizzata LGBT, col chiaro intento di creare confusione, attraverso le rivendicazioni di nuovi diritti. La difesa dell’identità di genere, nulla a che vedere con l’orientamento sessuale, con l’amore tra persone dello stesso sesso e tantomeno con le parate colorate del gay pride.

Certo, affermare che l’anatomia determini una qualche forma di destino è esagerato, ma non si può negare il dato essenziale del corpo umano originariamente sessuato. Viviamo nel mondo come uomini e donne, dissimili nel modo di accogliere e interpretare la realtà. Una diversità da tutelare e proteggere a ogni costo.

Chi critica ferocemente l’idea del maschile e femminile come una “struttura” da smontare, è marchiato come un integralista puritano. Ma i veri puritani sono loro, che con l’alibi progressista, mascherano l’odio verso l’eros e il desiderio di una neutralità asettica senza passioni.