Negli anni Sessanta la parola “accelerazionista” si riferiva a un gruppo di rivoluzionari che voleva trasformare la mentalità con la quale la società approcciava alla tecnologia. A ispirarli, un romanzo di fantascienza, Lord of Light di Roger Zelazny, pubblicato nel 1967.
Molti anni dopo a riprendere quel termine, sarà Benjamin Noys analizzando le teorie eccentriche di Nick Land, filosofo e animatore del CCRU, Cybernetic Culture Reserach Unit che a partire dal 1995 si riuniva all’Università di Warwick in Inghilterra. Il gruppo informale si occupava soprattutto di intelligenza artificiale e dell’impatto dominante della tecnica sugli individui. I resoconti delle riunioni e delle conferenze del CCRU sembrano usciti da un romanzo: musica elettronica, proiezioni, anfetamine in un clima poco accademico. Quell’esperienza durerà qualche anno tra confronti dialettici e rotture insanabili, ma quelle idee non sono scomparse, hanno trovato un terreno fertile tra i ceti dell’economia digitale e gruppi disparati come nuovi reazionari e utopisti rivoluzionari.
Difficile fare una genesi filosofica dell’accelerazionismo, più semplice è partire dalla figura di Nick Land e dalla sua rielaborazione del pensiero dei francesi Lyotard, Guattari e Deleuze. Questi avevano individuato l’irreversibilità del processo storico di accelerazione della modernità capitalistica e l’impossibilità di cambiare con lo sguardo rivolto indietro a un’idealistica società pre-industriale. Sulla scia di questo ragionamento, Land vuole sganciare ancora di più il capitalismo dalle briglie della politica per sprigionare tutto il potenziale tecnologico e poco importa se il rischio è quello di un collasso e di esperimenti sociali pericolosi.
Land considera il capitalismo come qualcosa in continua espansione rivoluzionaria, priva di qualsiasi contenuto morale o ideologico che non riconosce altro obiettivo se non la propria emancipazione. Con le sue crisi cicliche, il capitalismo definisce un disordine controllato, dove tutto è sacrificabile alla sua volontà oscura. Il futuro è una fusione uomo-digitale e automazione, tutto il resto conta poco. E ancora, l’uomo deve smetterla di controllare i processi economici connessi all’innovazione tecnologica.
Rileggendo alcune affermazioni di Nietzsche decontestualizzate, Land spiega come l’uomo sia un animale da superare e proprio il movimento spiraliforme del capitalismo può agire in tal senso passando per una transizione fatta di automazione e robot. È da qui nasce l’idea di intensificare i meccanismi di conflitto scatenati dal capitalismo per liberarsi dalle componenti “troppo umane”. Sembra uno dei racconti di Lovecraft sui miti di Cthulhu, divinità-mostro immaginaria, una creatura che dorme nelle profondità degli abissi in attesa di essere svegliata per soggiogare il mondo. Forse il nuovo Cthulhu è il grande sistema nervoso dell’intelligenza artificiale? Chissà…
Un altro concetto chiave dell’accelerazionismo definito da Land è quello di iperstizione: un elemento della cultura effettuale che si fa realtà, attraverso una massa immaginaria funzionante come potenzialità che viaggia nel tempo. Definizione astrusa che cerca di spiegare come certe finzioni diventino concrete in un futuro immaginario, provate a pensare quello che è scritto nei libri di fantascienza, molte di quelle cose domani saranno realtà o ambiscono a diventarlo. Land considera il capitalismo un potente generatore di iperstizioni perché trasforma semplici operazioni economiche nella forza motrice del mondo. Allo stesso tempo spezza e poi ribadisce i propri limiti: è un sistema schizofrenico.
Il periodo all’Università di Warwick è stato un cocktal di nichilismo, marxismo cibernetico, numerologia, fantascienza e tante altre cose. Dopo la conclusione di quella esperienza, Nick Land si è trasferito a Shangai provando una forte ammirazione per quel sistema dove convivono autoritarismo e corsa produttiva verso le innovazioni. Con il passare del tempo, indipendentemente dalla sua volontà, Land è diventato un riferimento per quell’ambiente reazionario che critica la democrazia. Con il saggio intitolato The Dark Enlightenment, il tono è decisamente critico verso la democrazia che Land considera incapace di governare molti processi perché è intrappolata nel breve periodo delle scadenze elettorali che la spingono verso timide politiche riformiste. Essa riduce e semplifica le decisioni difficili e rende il disastro sociale più accettabile nella misura in cui può attribuirlo ai propri avversari politici. La deliberazione democratica è lenta rispetto alla velocità del capitalismo e le innovazioni siccome distruggono vecchi stili di vita creandone nuovi, non possono attendere ulteriori correzioni giuridiche o morali ma necessitano di una politica decisionista tout court.
Negli Stati Uniti una parte minoritaria dell’alternative right si è lasciata sedurre dalle tesi di Land e attinge confusamente a molte idee di questo strano contenitore ideologico, uno su tutti, Moldburg (pseudonimo di Curtis Yarvin) che considera: “la modernità ingegneristica e la grande eredità storica del pensiero pre-democratico antico, classico e vittoriano”. Insomma si mescolano forme di anarchismo capitalista e la convinzione di un futuro di città stato sul modello di Singapore o Hong Kong. La rottura del discorso egualitario farebbe spazio a politiche più realistiche che mettono in evidenza le contraddizioni del progressismo e del capitalismo socialdemocratico. Tra i ricchi sostenitori di alcune di queste tesi c’è Peter Thiel, il fondatore di paypal. Thiel è impegnato insieme a Curtis Yarvin nel Seasteading Institute, un’organizzazione fondata da Patri Friedman (nipote del famoso economista Milton), impegnata nella progettazione di città permanenti in acque internazionali, fuori dalla giurisdizione di governi democratici.
L’accelerazionismo ha fatto presa pure sugli ambienti di Sinistra cercando di definire un’ideologia più spendibile e pervasa di ottimismo, rispetto all’orizzonte tenebroso di Land. Quest’altro orientamento è rappresentato da Nick Srnircek e Alex Williams, autori del Manifesto accelerazionista e del più recente libro Inventare il Futuro. L’antesignano è stato il teorico Mark Fisher morto nel 2017 autore nel 2009 di Realismo capitalista e di una serie di articoli sul suo blog K Punk.
La critica di Fisher non perdona nemmeno la Sinistra, colpevole di aver ignorato le potenzialità della tecnologia e di non essere in grado di offrire risposte ai nuovi problemi sociali, se non ricorrendo a vecchie formule. Srnicek e Williams, definiscono un mondo in cui la tecnologia e l’automazione siano in grado di liberare l’uomo dalle gabbie del turbocapitalismo che ha creato un mondo del lavoro nevrotico. L’accelerazione dovrebbe guardare a una prospettiva più utopistica puntando ad intensificare l’automazione del lavoro lasciando che siano i robot a occuparsi dei lavori più duri e alienanti così da arrivare gradualmente a una società del post-lavoro, in cui si sia liberi di scegliere solo quelli più adatti, accompagnando questa grande trasformazione con il ricorso al reddito universale di base. Superamento del capitalismo o una versione più umana? L’interrogativo resta sospeso. Snircek e William non si perdono in vaniloqui, criticano aspramente tutti i tentativi di sanare localmente i problemi creati dal sistema capitalistico e si sforzano il più possibile a definire un’attuazione concreta delle loro idee.
Tutti questi teorici sono convinti che il processo di distruzione sia positivo e invece di cadere nella fossa oscurantista, apocalittica di Land, vorrebbero traghettare l’accelerazionismo verso obiettivi più rassicuranti, verso un progetto di sana collaborazione tra uomo e macchine. Mentre Land è convinto che si debba procedere senza troppe preoccupazioni assumendo ogni rischio, Snircek e Williams sognano di condurre il processo di liberatorio delle macchine dal lavoro verso una maggiore giustizia sociale. In mezzo tutti questi contrasti, esiste un equilibrio, una forma di conciliazione? No a nostro avviso. L’idea di fondo che sottostà a tutte le versioni, è che la compenetrazione tra uomo e tecnologia, sia una forma di aggiornamento dell’uomo inteso come qualcosa di difettoso da perfezionare.
Jean Braudillard a proposito di questi fenomeni già osservati negli anni Ottanta commentava con sarcasmo: “La cosa triste, a proposito dell’intelligenza artificiale, è che le manca l’artificio e quindi l’intelligenza”.
Siamo davvero disposti in nome della sicurezza e di un po’ di benessere consumistico ad affidare totalmente il controllo della nostra vita ad algoritmi e dati che catalogano nelle memorie cloud i nostri gusti, le nostre idee e i luoghi che frequentiamo? Stiamo andando in quella direzione senza accorgerne e saranno sempre più pochi coloro in grado di opporre almeno forme di resistenza interiore. I nostri desideri non possono coincidere totalmente con i padroni del silicio e il futuro sarà pieno di lotte per il controllo dei mezzi digitali e di tutto quello che c’è intorno. É la nuova fase del capitalismo della sorveglianza. Per questa ragione non possiamo liquidare queste teorie come le fantasie di qualche ricco smanettone della Silicon Valley. Noi crediamo ancora negli uomini, nei popoli, nelle identità che si incontrano e si scontrano, sappiamo che morte, tragedia, gioia, bellezza e felicità sono irrevocabili e non si possono calcolare con qualche formula matematica.