Germania e Francia da qualche mese dialogano con insistenza sulla trasformazione e riorganizzazione dell’Unione Europea. Il 19 gennaio, in occasione della firma del nuovo trattato dell’Eliseo, rinnovato rispetto a quello del 1963, i due paesi hanno ribadito la necessità di rafforzare la politica internazionale, monetaria e di difesa del vecchio continente. Il disegno, nei suoi contorni generali, era stato tratteggiato da Emmanuel Macron già il 26 settembre 2017. Nel discorso tenuto alla Sorbona, il presidente francese aveva annunciato la proposta di una nuova alleanza franco-tedesca, per dare “impulso decisivo” a un’Unione europea spesso “troppo debole, lenta e inefficiente”. Macron aveva indicato una data, il 2024, per una piena integrazione tra i mercati dei due stati.
Niente bazzecole sullo spirito dei padri fondatori, in quel discorso forse troppo ambizioso, il presidente francese delineava la sua idea di riforma dell’eurozona: un ministro delle finanze europeo, responsabile di un budget comune europeo a capo di un’agenzia in grado di emettere bond continentali per finanziare dei grandi investimenti pubblici.

La Germania è riluttante a condividere un budget con gli altri diciannove stati della zona Euro, timorosa al solito che dietro ai grandi proclami si nasconda la condivisione degli sprechi e come risaputo, non le piace nemmeno l’idea di condividere debito e tassi d’interesse con i paesi mediterranei. Però i tedeschi, spingono per un sistema di difesa europeo e lentamente, stanno avviando un processo di emancipazione dalla tutela pesante di Washington anche se sono necessarie delle rettifiche. Siamo solo all’inizio. In ogni caso tra Berlino e Parigi c’è intesa su alcuni obiettivi e una dialettica forte.

Il metodo con cui stanno imponendo la loro visione dell’Europa futura, può destare perplessità, ma l’Italia cosa sta facendo? Sonnecchia e osserva svaporata tra le nuvole, mentre il Mediterraneo ribolle. Troppo impegnata nelle zuffe da cortile tra sovranisti all’amatriciana ed europeisti in perenne adorazione. Una nazione che rifiuta di prendersi delle responsabilità politiche senza definire un progetto alternativo, ha sviluppato solo l’arte del lamento.

“Giugno o niente”, con queste parole il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire ha spiegato bene in un’intervita rilasciata a Politico.eu, il 21 gennaio: “questo non è lo stesso tipo di discussioni che abbiamo avuto in passato. Non stiamo parlando di idee generali, stiamo guardando ogni dettaglio tecnico per dar vita a un vero e proprio accordo”. Entro giugno tutto deve essere pronto.
A Roma i nuovi parlamentari dovrebbero leggere con attenzione questa intervista perché la qualità di una nazione e della sua classe dirigente, si valuta prima di tutto dalla politica estera. Parigi e Berlino vanno avanti per la loro strada, mentre noi siamo incapaci e strutturalmente impreparati a proporre qualsiasi alternativa in merito, per poi accusarli di ogni nefandezza – i perfidi tecnocrati di Bruxelles, i tedeschi che ci odiano, i francesi che ci comprano – quando saremo, per colpa nostra, nel solito guazzabuglio di problemi.

Finirà come per gli accordi Maastricht e col Fiscal Compact: ci sveglieremo tardi e poi ricominceremo con il piagnisteo. Sovrano è chi decide ed ha la forza e la capacità di par-tecipare ai processi decisionali dell’Europa. Qui sta il campo di battaglia dove si misura il valore di una nazione. Se non siete in grado di farlo, fregatevi …